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L’italiano che non segue
Gli amici si lamentano che non li avvisi dei tuoi contributi in rete?
Non è colpa loro: sono solo amici di Facebook e magari italiani!
Sono convinto che una delle ragioni per cui Twitter non ha mai attecchito in paesi come il nostro è che il suo meccanismo di condivisione si basa sul principio di far seguito.
Parecchi anni fa, in un paese sardo mi si spiegava che laddove al “continentale” era, seppur di malavoglia, consentito costruire perfino sulla costa, se un tentativo di emergere veniva tentato da un compaesano non ci sarebbe stato nulla di strano se la cosa si sarebbe risolta a tritolo con la lupara.
Infine, «Chi crederesti di essere tu perché io ti debba seguire?»
Si può capire che sia ragionevole, anzi perfino dovuto seguire un Fiorello, Salvini o qualunque altro personaggio che calca gli schermi televisivi o i palchi, ma farlo per una persona “normale” proprio come me è darsi la zappa sui piedi da soli!
Ecco perché, se anche Facebook ad un certo punto ha introdotto la possibilità di seguire come alternativa a “fare amico” una persona per i cui interventi avresti piacere di ricevere le notifiche, praticamente quasi nessuno ha preso ad usarla, preferendo insistere nel “fare prigionieri”, ovvero nel chiedere — e naturalmente ricevere — l’amicizia a e da persone che mai si sono conosciute e mai si conosceranno. E guai a non darla: saresti un…